Sequestro finalizzato alla confisca e tutela del terzo: bilanciamento tra interesse pubblico e privato.

Con
la sentenza che qui si riporta, la Corte di Cassazione ha ribadito il
principio di diritto in virtù del quale, in tema di sequestro preventivo
finalizzato alla confisca per equivalente, le ragioni del terzo
estraneo al reato devono essere valutate nell'ottica del necessario
bilanciamento fra l'interesse pubblico alla non dispersione definitiva
dei beni nella disponibilità dell'indagato e la tutela delle ragioni del
terzo creditore estraneo al reato, atteso che l'interesse pubblico non può -né deve- essere ritenuto prevalente, in termini assoluti, sull'interesse privato.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 44010/15
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 23 dicembre 2014 il Tribunale di Trieste ha
rigettato l'istanza di riesame presentata, quale terza interessata, da
Veneto Banca s.c.p.a. avverso sequestro preventivo disposto dal gip
dello stesso Tribunale il 29 ottobre 2014 in relazione a indagini nei
confronti di F.I. per il reato di cui all'articolo 10 ter d.lgs. 74/2000
e avente ad oggetto, tra l'altro, quote del Fondo Rilke per un valore
di Euro 2.527.921,11, anteriormente costituite in pegno a favore della
banca suddetta, presso la quale quindi il sequestro veniva eseguito. Ha
presentato ricorso il difensore, sulla base di un unico motivo. Lamenta
il ricorrente che nell'istanza di riesame era stata chiesta in tesi la
revoca o l'annullamento o la dichiarazione di inefficacia del sequestro
nei propri confronti, e, in subordine, la limitazione dell'efficacia del
provvedimento alle sole facoltà inerenti la posizione dell'indagato: ma
su quest'ultima richiesta il Tribunale ha omesso di motivare e di
pronunciarsi, così violando gli articoli 321, 322 c.p.p., 240 c.p. e
2786 ss. c.c..
Considerato in diritto
3. Il ricorso è fondato.
Con una motivazione quanto mai scarna, il Tribunale esamina
esclusivamente "la richiesta di annullamento del decreto...con
conseguente ordine di dissequestro o di restituzione dei beni all'avente
diritto". E tale richiesta respinge, affermando che l'orientamento
giurisprudenziale consolidato ritiene che "anche le cose eventualmente
costituite in pegno possano formare oggetto di provvedimento di
sequestro da parte del Giudice penale, essendo infatti necessario dare
prevalenza alle esigenze di tutela della collettività, esigenze di
tutela che devono essere soddisfatte anche ove potenzialmente
pregiudizievoli nei confronti del terzo che ne dovesse essere gravato".
Da un lato, quindi, il Tribunale si riferisce solo a un'istanza di
dissequestro e di conseguente restituzione dei beni, ignorando l'istanza
proposta in subordine; dall'altro, per di più, inserisce una lettura
della giurisprudenza nomofilattica che non corrisponde al suo reale
contenuto.
Invero, fondamentale, come ricorda il ricorrente, è al riguardo
l'insegnamento di S.U. 18 maggio 1994 n.9, che - proprio in un caso di
sequestro di titoli dall'indagato costituiti in pegno a favore di un
istituto di credito - riconosce sì che il sequestro preventivo (in quel
caso si trattava della fattispecie di cui all'articolo 321, primo comma,
c.p.p.) "può avere ad oggetto anche beni che siano stati costituiti
dall'indagato in pegno regolare, e ciò in quanto la disponibilità di
questi da parte del creditore, pur penetrante, non può essere
considerata assoluta né esaustiva di tutte le facoltà spettanti al
debitore garante il quale, oltre all'eventuale recupero dell'eccedenza
del pegno, può sempre alienare il bene o attivarsi per l'estinzione
dell'obbligazione ed ottenere la restituzione dell'eadem res fornita in
garanzia", ma precisa che in questo caso comunque "il giudice di merito
che dispone la misura può limitare l'estensione del vincolo alle facoltà
spettanti al debitore indagato o imputato, lasciando impregiudicate le
facoltà di esclusiva pertinenza del creditore pignoratizio estraneo
all'illecito penale; ed anzi tale scissione delle rispettive sfere di
disponibilità, ai fini di una diversa diversificazione dell'ambito di
efficacia del vincolo, è da considerarsi doverosa quando le esigenze
cautelari che fondano la misura consistono nel pericolo di commissione
di nuovi reati, o di aggravamento di quelli già commessi, derivante
soltanto dal comportamento del debitore indagato".
Tale lettura, pur ormai risalente, viene tuttora seguita dalla
giurisprudenza di questa Suprema Corte (conformi Cass. sez. II, 21
ottobre 2003 n. 47400 e Cass. sez. II, 7 novembre 2008 n. 45400; e cfr.
pure Cass. sez. III, 27 gennaio 1998 n. 379, nonché, sostanzialmente
sulla stessa linea a proposito dei limiti di incidenza della successiva
confisca sui beni oggetto di pegno, S.U. 28 aprile 1999 n. 9, alla quale
parimenti ha aderito la giurisprudenza successiva).
Compete, pertanto, al giudice che sequestra, o, in caso di ricorso, al
giudice del riesame, valutare se sia il caso di limitare il vincolo per
scindere la posizione del creditore rispetto a quella dell'indagato ai
fini dell'efficacia della cautela: non corrisponde, infatti,
all'insegnamento nomofilattico l'asserto del Tribunale di Trieste per
cui comunque è sempre necessario dare prevalenza all'interesse pubblico
anche se il terzo ne patisce conseguenze pregiudizievoli. Quello che il
giudice deve operare, invero, non è un automatico e totale
assoggettamento del terzo all'interesse pubblico, bensì un
bilanciamento, per quanto possibile ovvero nella misura ottimale, tra
quest'ultimo e l'interesse privato, come recentemente sottolineato per
un caso affine da un arresto di questa stessa Sezione (Cass. sez. III,
18 maggio 2011 n. 36293, per cui, premesso che pure il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può investire anche
il diritto di proprietà di titoli già pignorati in favore di terzi,
puntualizza che spetta al giudice di merito valutare il "necessario
bilanciamento fra l'interesse pubblico alla non dispersione definitiva
dei beni nella disponibilità dell'indagato e la tutela delle ragioni del
terzo creditore estraneo al reato").
L'interesse pubblico presidiato dal diritto penale e nelle cautele
procedurali preventivamente concretizzato e presidiato, in effetti, non
può essere inteso come una sorta di inevitabile e incontenibile rischio
rispetto agli interessi privati, nel senso che la sussistenza
dell'interesse pubblico estingua senza alcuna valutazione del caso
concreto l'interesse privato in modo totale anche qualora titolare
dell'interesse sia un soggetto in buona fede, cioè del tutto estraneo
alla condotta criminosa, pena la configurazione - ictu oculi non
corrispondente ai fondamentali principi giuridici, sia comunitari sia
interni - di una sorta di responsabilità oggettiva cui viene correlato
un trattamento parimenti oggettivamente sanzionatorio.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente
annullamento dell'ordinanza impugnata e rinvio al Tribunale di Trieste
in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Trieste.