NAPOLI: LANCIA UN BIDET GIU' DAL BALCONE. E' TENTATO OMICIDIO!
Confermata la sentenza emessa nei confronti di un soggetto il quale, nel corso di una lite, butta giù dal suo balcone un bidet contro il suo "avversario". La Corte di Cassazione rigetta il ricorso,con il quale l'imputato ha provato a giustificare il gesto.
Leggi come sono avvenuti i fatti!

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Lanciare un bidet dal balcone: come sono andati i fatti del tentato omicidio?
L'imputato (che chiameremo per comodità GINO) in questione è stato condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di
reclusione, in ordine al delitto di tentato omicidio, ai sensi
dell'art. 56 c.p., art. 61 c.p., comma 1, n. 1, e art. 575 c.p..
Dalle dichiarazioni dei Carabinieri è emerso che Gino, durante un litigio per futili
motivi e senza aver subito alcuna aggressione alla sua persona, aveva
lanciato con forza un bidet dal balcone dell'appartamento contro "GIORGIO" - soggetto con cui stava litigando. Il sanitario aveva poi colpito Giorgio alla testa e questo è valso per Gino una contestazione per tentato omicidio, giacché la condotta a lui ascritta è stata ritenuta idonea e diretta in modo
non equivoco a cagionare la morte della persona offesa, che si
accasciava al suolo, svenuta e perdendo molto sangue.
Gino non
riusciva nell'intento omicida per cause indipendenti dalla sua volontà,
perché i Carabinieri presenti avevano subito fatto soccorrere la
vittima dai sanitari del "118".
Più precisamente, secondo i giudici di
merito, i Carabinieri erano intervenuti sul posto
dopo che era stata segnalata una lite, e avevano trovato "MARIA", sorella
dell'imputato. Questa, mentre riferiva dell'accaduto, veniva chiamata al
telefono dal fratello che l'invitava a raggiungerlo, perché lo stavano
minacciando.
Gli stessi Carabinieri, giunti sul posto, notavano una persona dal balcone gettare
un bidet contro Giorgio che veniva colpito al capo. I Carabinieri riconoscevano l'autore del lancio
dell'oggetto, come il soggetto che stava all'interno di detto
appartamento e cioè Gino.
Il ricorso per cassazione di Gino: come si è difeso contro l'accusa di tentato omicidio.
Sostanzialmente, la difesa di Gino ha voluto evidenziare che la condotta tenuta da costui fosse in realtà da sussumere nell'ambito di applicazione del reato di lesioni personali e non, invece, nel reato di tentato omicidio.
Sotto un secondo profilo, poi, veniva evidenziato che, nel caso di specie, potevano esseri gli estremi per considerare la legittima difesa, quantomeno nella sua forma putativa.
La risposta della Corte di Cassazione.
Ad avviso del Giudice di Legittimità, però, nel caso di specie non sussiste il vizio denunciato col primo motivo di ricorso. Ed infatti,
la motivazione della sentenza impugnata emergono tutti i motivi per cui la condotta era da ascriversi al delitto di tentato omicidio e non quello di lesioni. Tali ragioni sono da desumersi dalla modalità della condotta, dalla micidialità del mezzo e dalla zona del
corpo attinta. Perciò, la ritenuta sussistenza del delitto di tentato
omicidio esclude l'ipotesi minore di lesioni aggravate.
Anche sulla legittima difesa putativa, la Corte di Cassazione ritiene che le censure operate da Gino non siano fondate. Infatti, i giudici di merito hanno
svolto, secondo la Corte di Cassazione, una ineccepibile valutazione fondata sul fatto che il bidet è
stato lanciato dall'imputato dall'interno dell'appartamento in cui egli
era chiuso contro le persone che si erano raccolte sotto l'abitazione ed
alla presenza dei Carabinieri che erano sopraggiunti chiamati dalla
sorella di C. , sicché la Corte territoriale in modo plausibile ha
ritenuto insussistente l'elemento della costrizione dalla necessità di
difesa, la proporzione tra azione e reazione di cui all'art. 52 c.p. e
la legittima difesa putativa, stante la mancata prova di un'erronea
rappresentazione di circostanze fattuali inerenti la scriminante.