GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E LAVORI DI PUBBLICA UTILITA': PER QUANTO TEMPO?
Quando la pena per il reato di guida in stato di ebbrezza viene convertita con quella dei lavori di pubblica utilità, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida va applicata fino all'esito dello svolgimento dei lavori.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 novembre - 16 dicembre 2019, n. 50581
Presidente Bricchetti - Relatore Cappello
Ritenuto in fatto
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata ha
applicato - sull'accordo delle parti - a G.R. una pena per il reato di
cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e comma 2 sexies, sostituita
con il lavoro di pubblica utilità, disponendo la sospensione della
patente per due anni.
2. G.R. ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando quattro motivi.
Con il primo, la difesa ha dedotto vizio della motivazione, rilevando
una incertezza sul soggetto nei confronti del quale è stata emessa la
sentenza, avuto riguardo alla circostanza che la stessa è stata resa nei
confronti di G.M. laddove nella motivazione si indica il diverso
nominativo G.R. , corrispondente a quello indicato nella richiesta di
emissione del decreto penale di condanna. Si è pertanto invocata la
correzione dell'errore materiale, per il caso in cui se ne ravvisino i
presupposti, non essendo più tale soluzione utilmente percorribile
davanti al giudice del merito.
Con il secondo, la difesa ha dedotto violazione di legge in relazione
alla mancata sospensione della sanzione amministrativa accessoria nelle
more dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità, rilevando che
l'immediata esecutività di essa contrasterebbe con l'art. 186 C.d.S.,
comma 9 bis che, per il caso di violazione degli obblighi connessi allo
svolgimento del lavoro di pubblica utilità, prevede il ripristino della
sanzione amministrativa accessoria.
Con il terzo, ha dedotto violazione di legge in relazione alla durata
della sanzione amministrativa accessoria, avuto riguardo alla mancata
considerazione del provvedimento di sospensione della patente di guida
da parte del Prefetto per la durata di un anno. Sotto altro profilo, la
difesa ha rilevato che il giudice non avrebbe tenuto conto dei criteri
di cui all'art. 218 C.d.S., comma 2, assumendone la non ricorrenza nel
caso all'esame.
Con il quarto, infine, ha dedotto vizio della motivazione, sempre in
relazione alla misura della sanzione amministrativa accessoria,
rilevando la contraddittorietà di quella individuata (anni due) con
quanto dallo stesso giudice affermato in riferimento alla entità della
pena (quantificata in mesi due e giorni venti di arresto e Euro duemila
di ammenda, in considerazione dell'incensuratezza, della giovane età e
del comportamento collaborativo) e, comunque, l'assenza di ogni
giustificazione in ordine al discostamento della misura ritenuta
rispetto al minimo.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è ammissibile, pur avendo a oggetto una sentenza di
applicazione pena. La novella di cui alla L. 23 giugno 2017, n. 103,
art. 1, comma 50, in vigore dal 03/08/2017, nell'introdurre l'art. 448
c.p.p., comma 2 bis, ha limitato la proponibilità dell'impugnazione
della sentenza di applicazione della pena ai motivi concernenti
l'espressione della volontà dell'imputato, il difetto di correlazione
tra richiesta e sentenza, l'erronea qualificazione giuridica del fatto e
la illegalità della pena o della misura di sicurezza. Tuttavia, nella
specie, la violazione dedotta riguarda una statuizione che si pone al di
fuori dell'accordo ratificato dal giudice, cosicché le relative
statuizioni potranno formare oggetto di ricorso per cassazione secondo
la disciplina generale di cui all'art. 606 c.p.p., comma 2, (cfr., sul
punto, sez. 4 n. 29179 del 23/05/2018, Stratta, Rv. 273091).
Tale principio è vieppiù valido, all'indomani della decisione assunta
dal Supremo collegio di questa Corte di legittimità, con riferimento
alle ipotesi di impugnazione della sentenza di applicazione della pena,
riguardante le sanzioni amministrative accessorie (cfr. informazione
provvisoria n. 20 del 26/09/2019, Melzani), in base alla quale deve
ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto
dette statuizioni.
2. Il ricorso va accolto solo in parte.
2.1. Il primo motivo è, infatti, infondato.
La sentenza di applicazione della pena riguarda G.R. , come
espressamente indicato nel dispositivo e nella stessa motivazione, ad
onta del fatto che la parte relativa alla intestazione riporti
effettivamente un'errata indicazione del nome proprio "M. ".
Ciò non dà luogo ad alcuna incertezza in ordine alla individuazione del
soggetto nei cui confronti è stata applicata una pena, su sua concorde
richiesta. Anche con riferimento all'accertamento della responsabilità
penale, infatti, si è già chiarito che l'incertezza sull'identificazione
anagrafica dell'imputato è irrilevante quando sia certa l'identità
fisica della persona nei cui confronti sia iniziata e proseguita
l'azione penale, potendosi in seguito pur sempre provvedere alla
rettifica delle generalità erroneamente attribuite a norma dell'art. 130
c.p.p. (cfr. sez. 5 n. 32641 del 16/04/2018, Ben Salah, Rv. 273713;
sez. 1 n. 48349 del 15/11/2012, Ambrosoni, Rv. 254079).
2.2. Il secondo motivo è invece fondato.
Nel caso di specie, infatti, la pena applicata è stata sostituita con
il lavoro di pubblica utilità. Pertanto, l'efficacia della sanzione
amministrativa accessoria individuata deve ritenersi sospesa, poiché
l'immediata esecutività di essa rischierebbe, in caso di positivo
svolgimento del lavoro di pubblica utilità, di rendere verosimilmente
vani gli effetti della successiva revoca della sanzione amministrativa
accessoria (sulla necessità della sospensione della sanzione accessoria,
in caso di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella
del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 9
bis, cfr. sez. 4 n. 48330 del 27/09/2017, Rv. 271040; n. 12262 del
08/02/2018, P.G. in proc. Ferrarini, Rv. 272531; n. 56962 del
23/10/2018, Loffredo Ettore, Rv. 275191).
2.3. Anche il terzo e quarto motivo sono fondati, pur nei termini che si vanno a esporre.
Il giudice ha individuato una durata della sanzione amministrativa
accessoria pari al massimo edittale previsto dall'art. 186 C.d.S., comma
2, lett. c).
Nel far ciò, si è limitato a richiamare le caratteristiche del fatto
confluito negli atti d'indagine, dopo avere, tuttavia, ritenuto congrua
una pena concordata nei termini di cui al dispositivo, avuto riguardo
all'incensuratezza dell'imputato e al suo comportamento collaborativo.
2.3.1. La quantificazione della misura della sanzione amministrativa
accessoria non può considerarsi razionalmente giustificata.
Questa stessa sezione ha già chiarito che, nei casi di applicazione da
parte del giudice della sanzione amministrativa accessoria della
sospensione della patente di guida, previsti dall'art. 222 C.d.S., la
determinazione della durata di tale sospensione deve essere effettuata
non in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.p., ma in base ai diversi
parametri di cui all'art. 218 C.d.S., comma 2, sicché le motivazioni
relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa
restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di
un'eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del
provvedimento (cfr. sez. 4 n. 55130 del 09/11/2017, Fiorini, Rv.
271661).
2.3.2. In ogni caso, sul punto, il collegio intende ribadire il
principio, più volte affermato (cfr., da ultimo, in motivazione, sez. 4,
n. 18942 del 27/03/2018, Bruna Rina Giacomo), secondo cui il giudice,
che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, non
deve fornire una motivazione sul punto allorché la misura si attesti non
oltre la media edittale e non constino specifici elementi di
meritevolezza in favore dell'imputato (cfr. sez. 4, n. 21574 del
29/01/2014, Armanetti ed altro, Rv. 259211).
In tali casi, infatti, è stata ritenuta sufficiente la motivazione
implicita (cfr. sez. 4, n. 21194 del 27/03/2012, Tiburzi, Rv. 252738, in
cui si è ritenuta corretta la sospensione di due anni corredata in
parte motiva dal semplice richiamo alla congruità della sanzione
conseguita ad un fatto oggettivamente grave, quale l'omicidio colposo di
un pedone; sez. 4, n. 35670 del 26/06/2007, Petiti, Rv. 237470; sez. 4,
n. 8439 del 24/4/1996, P4' Salbi, Rv. 206297).
2.3.3. Nel caso in esame, la durata della sanzione è stata quantificata
in misura pari al massimo edittale, senza che siano state esplicitate
le ragioni di tale decisione, neppure implicitamente recuperabili dal
ragionamento complessivo svolto dal giudice in ordine alla entità del
fatto contestato, risolvendosi il richiamo alle "caratteristiche del
fatto confluito negli atti di indagine" in una motivazione apparente
offerta mediante l'utilizzo di una formula di stile.
3. Pertanto, la sentenza deve essere annullata con rinvio,
limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria
applicata. Il giudice del rinvio dovrà altresì attenersi al principio di
diritto formulato con riferimento alla necessità della sospensione
della sanzione amministrativa applicata sino all'esito dello svolgimento
del lavoro di pubblica utilità.
4. In questa sede può invece procedersi alla correzione dell'errore
materiale contenuto nella intestazione della sentenza con riferimento al
nome proprio dell'imputato, sì che laddove si legge "M. " si legga
invece "R. ".
P.Q.M.
Annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata
della sanzione amministrativa accessoria relativa alla patente di guida e
alla mancata sospensione della stessa fino alla valutazione dello
svolgimento del lavoro di pubblica utilità e rigetta il ricorso nel
resto. Dispone procedersi alla correzione dell'errore materiale
contenuto nell'intestazione della sentenza con riferimento al prenome
dell'imputato, sì che laddove si legge "M. " si legga invece "R.".
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.