APPROPRIAZIONE INDEBITA: E SE IL CLIENTE TRATTIENE LE SOMME LIQUIDATE ALL'AVVOCATO?
Il tuo avvocato ha concluso una trattativa con la tua assicurazione ed hai ottenuto finalmente l'agognato risarcimento del danno. Però, tra le voci della liquidazione compare anche una somma spettante al tuo avvocato per i suoi onorari che tu non vuoi assolutamente pagare.
Quali conseguenze ti aspettano? Rischi di commettere il reato di appropriazione indebita o soltanto un illecito di natura civilistica?

Avvocato Di Palo, ma tu da che parte stai?
Questo articolo è rivolto ai miei colleghi civilisti ed anche ai loro clienti. Infatti, affronto il tema di una delle possibili "guerre legali" che si fanno tra loro avvocati e clienti.
A questo proposito, faccio una premessa importantissima: io non sto da nessuna delle due parti.
Come ho sempre detto e come ripeterò sempre, io sono dalla parte dei diritti delle persone che si rivolgono a me, che siano colleghi, giudici, architetti, medici o operai.
Per questo, se pensi di avere bisogno di un aiuto o di una consulenza su questo specifico tema, contattami pure senza alcun impegno. Sarò felice di darti un consiglio.
Appropriazione indebita, avvocato vs. cliente: chi ha ragione?
Non è sempre facile affrontare questa tematica. In generale, entrambe le parti sono portatrici di istanze giuste e altrettanto giuste pretese. Quello che mi preme segnalare in questo articolo, però, sono soltanto le possibili conseguenze relative al mancato versamento delle somme - liquidate dall'assicurazione - spettanti all'avvocato per i suoi onorari.
Ebbene, c'è chi ritiene che il cliente che trattiene detta somma commetta il reato di appropriazione indebita.
Ma è davvero così?
Cosa dice la legge e cosa riferisce la Corte di Cassazione nei casi in cui sia il Giudice - e non l'assicurazione - a disporre la liquidazione degli onorari?
La legge con il reato di appropriazione indebita, di cui all'art. 646 c.p., punisce con la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032 euro chi si appropria del denaro o della cosa mobile di cui abbia a qualsiasi titolo il possesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.
Nell'ambito di operatività di questo articolo, numerose sono state le pronunce della Corte di Cassazione, relative alle vicende di contrasto tra avvocato e cliente.
In quelle occasioni, la Suprema Corte ha chiarito che «Non integra il delitto di
appropriazione indebita la condotta della parte vincitrice di una causa civile
che trattenga la somma liquidata in proprio favore dal giudice civile a titolo
di refusione delle spese legali, rifiutando di consegnarla al proprio avvocato
che la reclami come propria» (Sez. 2, n. 25344 del 25/05/2011, Giannone, Rv.
250767)

I requisiti del reato di appropriazione indebita
In punto
di diritto, è appena il caso di rammentare che i requisiti giuridici perché
possa ritenersi configurabile il reato di cui all'art. 646 c.p., sono i
seguenti:
- l'appartenenza dei beni oggetto di appropriazione ad un terzo in
virtù di un titolo giuridico;
- il possesso legittimo dei suddetti beni da
parte del terzo;
- la volontà di interversione del possesso, la qual cosa si
verifica quando il possessore effettua e rende esplicita al proprietario del
bene la propria volontà di non restituire più il bene del quale ha il possesso;
- l'ingiusto profitto
Perché il legislatore ha introdotto il reato di appropriazione indebita?
Infatti, la
ratio dell'art. 646 cod. pen. deve essere individuata nella volontà del
legislatore di sanzionare penalmente il fatto di chi, avendo l'autonoma
disponibilità della res, dia alla stessa una destinazione incompatibile con il
titolo e le ragioni che giustificano il possesso della stessa.
Nel caso di appropriazione delle somme liquidate dall'assicurazione, come si stabilisce se è reato o solo illecito civilistico?
Nel caso che ci occupa, quindi, per stabilire alla luce di tutto ciò che abbiamo già detto, dovremo capire, per stabilire se si tratta di essere vericato
- se la somma liquidata dall'assicurazione a
favore del cliente - anche nella parte degli onorari - sia o meno di proprietà dell'avvocato
- se il cliente la possiede in virtù di un qualche legittimo titolo di possesso e, quindi, se trattenendola egli effettua una interversione.
La risposta ai suddetti quesiti discende dalla disamina del rapporto che lega il cliente al proprio difensore.
Il rapporto tra cliente ed avvocato.
E' indiscusso che il rapporto tra il cliente ed il suo avvocato ha alla base un rapporto di mandato
professionale a seguito del quale il professionista ha il diritto di pretendere
il pagamento della prestazione.
Il pagamento della suddetta prestazione
costituisce, quindi, a carico del cliente, un obbligo che discende dall'interno
rapporto di mandato essendo regolamentato dalle pattuizioni che le parti hanno
stabilito in ordine al quantum ed alle modalità.
Nell'ipotesi, poi, di una
causa civile, le modalità con le quali il professionista può farsi pagare sono
due:
- direttamente dal cliente ed indipendentemente dalla liquidazione che il
giudice effettua in sentenza;
- direttamente dalla parte soccombente: è
l'ipotesi espressamente prevista dall'art. 93 cod. proc. civ., che disciplina
la fattispecie, appunto, della distrazione delle spese.
Appropriazione indebita vs illecito civilistico
Nello stabilire, quindi, se la condotta del cliente che trattenga le somme destinate all'avvocato, occorrerà analizzare la vicenda alla luce delle considerazioni poste in precedenza.
Ebbene, è pacifico che la somma liquidata dall'assicurazione è disposta in favore del cliente e non dell'avvocato, giacché è quest'ultima la parte vincitrice
a titolo di spese. È chiaro, pertanto, che quella somma è di sua esclusiva
proprietà ed alla stessa il cliente è libero di dare la destinazione che più
gli aggrada, pur essendo tenuto al pagamento della parcella dell'avvocato.
L'avvocato, dunque, non può accampare alcun diritto, potendo
solo richiedere la somma ritenuta congrua a titolo di parcella per l'opera
professionale svolta, direttamente nei confronti del proprio cliente, somma che può essere, in ipotesi, sia minore che superiore a quella liquidata
dal giudice.
La questione in esame ha quindi solo una rilevanza civilistica e non consente di ravvisare nei fatti il reato di cui all'art. 646 cod. pen.