AFFIDAMENTO IN PROVA AI SERVIZI SOCIALI: AMMESSI ANCHE SENZA LAVORO
Con la sentenza n. 2453/2020, la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha espresso un principio di in tema di affidamento in prova al servizio sociale in virtù del quale la disponibilità di una attività lavorativa è elemento che ha una rilevanza soltanto marginale ed eventuale ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale (a differenza di quanto previsto per la semilibertà), sicché la relativa mancanza non può da sola precludere l'applicazione dell'istituto in questione.

Se vuoi saperne di più o hai bisogno della mia assistenza in un processo penale, contattami.
COS'E' L'AFFIDAMENTO IN PROVA AL SERVIZIO SOCIALE?
In breve, l'affidamento in prova al Servizio Sociale è una misura alternativa alla detenzione in carcere. Lo scopo che si prefigge è quello di evitare la privazione della libertà alla persona che abbia subito una condanna e, al contempo, di reinserire il reo nel tessuto sociale.
In buona sostanza, chi viene affidato al servizio sociale sarà sottoposto all'obbligo di compiere delle attività utili alla società (come, per esempio, attività di volontariato), per tutta la durata della pena che gli è stata inflitta con la condanna.
IL CASO DI CUI SI E' OCCUPATO LA CORTE DI CASSAZIONE IN TEMA DI AFFIDAMENTO IN PROVA.
Il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila aveva rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale proposta da un condannato in relazione alla pena della reclusione di anni uno e mesi quattro di reclusione, inflittagli per i reati di cui agli articoli 2 I. n. 638 del 1983 e 10 d. Igs. n. 74 del 2000, commessi tra il 2006 e il 2011. Sul punto aveva rilevato che la mancanza di attività lavorativa o risocializzante impedisce l'ammissione al beneficio ma ha al contempo valutato favorevolmente l'assenza di procedimenti penali in corso, l'idoneità del domicilio e l'assenza di elementi • da cui desumere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e ha così applicato la misura alternativa della detenzione domiciliare, richiesta in via subordinata.
LA RISPOSTA DELLA CORTE DI CASSAZIONE:
Il Tribunale di sorveglianza ha dato conto del diniego della misura più favorevole dell'affidamento in prova al servizio sociale adducendo un solo argomento di fatto, ossia la mancanza di prova circa lo svolgimento di un'attività lavorativa da parte del richiedente. Ha così trascurato di considerare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, "la disponibilità di una attività lavorativa è elemento che ha una rilevanza soltanto marginale ed eventuale ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale (a differenza di quanto previsto per la semilibertà), sicché la relativa mancanza non può da sola precludere l'applicazione dell'istituto in questione" - Sez. 1, n. 2422 del 23/03/1999, Donnini S, Rv. 213865; v. anche Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009, Gennari, Rv. 244735, per la quale "non rientra tra i requisiti per la concessione della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale la prospettiva di un lavoro stabile per il condannato, che può usufruire del beneficio pur quando non riesca a reperire un lavoro ma si impegni in attività utili"; e, infine, Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018, dep. 2019, Fusillo, Rv. 274869, che ha ulteriormente precisato che "ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, lo svolgimento di un'attività lavorativa è soltanto uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condannato, ma non può rappresentare una condizione ostativa di accesso alla misura qualora lo stesso non possa prestare tale attività per ragioni di età o di salute".